Legittimità attiva di società cancellata dal registro delle imprese
La giurisprudenza formatasi negli ultimi anni a seguito della pronuncia a sezioni unite della Corte di Cassazione (sentenza 22.02.2010 n. 4062) secondo cui le società, anche quelle di persone, si estinguono definitivamente con la cancellazione dal registro delle imprese per effetto della riforma del diritto societario, introdotta dal D. Lgs. n. 6/2003, è orientata a ritenere che in caso di cancellazione di una società di persone dal registro delle imprese, i singoli soci non sono legittimati all’esercizio di azioni giudiziarie la cui titolarità sarebbe spettata alla società, ma che questa ha scelto di non esperire sciogliendosi e facendosi cancellare dal registro.
Prima dell'introduzione della riforma del 2003, sulla base della concorde giurisprudenza di legittimità, costituiva ius receptum che l’atto formale di cancellazione di una società dal registro delle imprese aveva funzione di pubblicità e non ne determinava l’estinzione, ove non fossero ancora esauriti tutti i rapporti giuridici facenti capo alla società stessa. L'orientamento giurisprudenziale era infatti favorevole ad un’interpretazione che disponeva per la prosecuzione della capacità giuridica e della soggettività delle società anche dopo la cancellazione dell’iscrizione nel registro delle imprese e dopo il loro scioglimento e la successiva liquidazione del patrimonio sociale.
La situazione è mutata a seguito della riforma introdotta dal D. Lgs. n. 6/2003 e della successiva evoluzione giurisprudenziale: il principio oramai acquisito in base al quale alla cancellazione della società dal registro delle imprese ne consegue l’estinzione – visto il silenzio della legge sulla sorte dei rapporti attivi - porta ad escludere che con riguardo a questi ultimi vi possa essere una qualunque successione. Il fatto che la società sia stata posta in liquidazione o comunque sciolta decidendo di non intraprendere una certa azione giudiziaria, lascia presumere, in sostanza, la volontà della società di rinunciare all’azione. Ne consegue che non vi è alcuna posizione giuridica che possa essere trasmessa ai soci i quali non sono legittimati ad agire in giudizio in luogo della società estinta.
Secondo detto orientamento alla cancellazione/estinzione corrisponde la volontà tacita della società di abdicare ai suoi diritti residui. Afferma infatti la Corte: “certamente un successore può esercitare un’azione spettante al suo dante causa, ma non in presenza di un pregresso comportamento di costui inequivocabilmente inteso a rinunciarvi, giacché in tal caso è venuto meno l’oggetto stesso dell’ipotizzata trasmissione successoria”.
Riporto qui di seguito massima della Suprema Corte in argomento : “In caso di cancellazione di una società di persone dal registro delle imprese, i singoli soci non sono legittimati all'esercizio di azioni giudiziarie la cui titolarità sarebbe spettata alla società prima della cancellazione ma che essa ha scelto di non esperire, sciogliendosi e facendosi cancellare dal registro, atteso che, in tal modo, la società ha posto in essere un comportamento inequivocabilmente inteso a rinunciare a quelle azioni, facendo così venir meno l'oggetto stesso di una trasmissione successoria ai soci” (cfr. Cassazione civile, sez. I, 16/07/2010, n. 16758).
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